Les 2 Moulins

IconIl Bistrot delle Idee

Uao! Questo libro mi ha proprio pinzato.

Quando si parla di numeri, si crea spesso un alone di mistero e si scatena quasi un timore reverenziale nei confronti di chi osa parlarne, anche se qui, i numeri, c'entrano ben poco.
La solitudine a cui si accenna nel titolo è quella dei due numeri primi Alice e Mattia, la cui vicenda si svolge nell'arco di vent'anni circa (dal 1983 al 2007.) Lei bambina fragile tormentata dai disordini alimentari, lui genio solitario e maledetto, quasi un James Dean della matematica, che porta con sé il peso della colpa per la scomparsa di Michela, sua gemella disabile. Alice e Mattia diverranno amici senza mai intrecciare una vera relazione amorosa, motivo per cui vengono paragonati ai numeri primi gemelli: così vicini e simili eppure destinati a non legare mai davvero le loro vite.
La trama, seppur apprezzabile, contiene troppe tragedie per poter essere presa sul serio; inoltre le numerose stranezze di cui è pieno il libro tolgono credibilità e fanno pensare che l'autore abbia visto un po' troppi film americani. Ne sono un esempio il passo in cui Alice ricorda quando, da piccola, faceva l'angelo sulla neve fresca (pratica prettamente d'oltreoceano) in compagnia del padre, e la scelta di una tata-colf di origini latine che presta servizio dai facoltosi Della Rocca. Le tate sudamericane sono credibili in America, dove il flusso migratorio dal Messico è costante, ma non in Italia e per di più durante gli anni novanta, periodo in cui cominciavano a malapena ad arrivare i primi immigrati, per altro provenienti dall'Africa o al massimo dall'Oriente, non certo dall'America Latina. Pura fantascienza sono inoltre i laboratori di biologia in una Scuola Superiore italiana, che nel libro sarebbero addirittura dotati di microscopi nel lontano 1991.
Altra pecca evidente è il lessico scarso e limitato: la massima - e unica - esclamazione di sorpresa è "uao" (non è un errore, usa proprio "uao" e non "wow", la forma corretta) e il verbo pinzato viene usato più volte a sproposito, per descrivere qualsiasi azione, un po' come facevano i Puffi con il verbo puffare.
Non va meglio con lo sviluppo delle trame secondarie, che vengono imbastite e poi abbandonate al loro destino, senza aver rilevanza in quella principale. E' il caso di Dennis, l'amico omosessuale del protagonista, la cui storia non trova alcuna ragion d'essere se non quella di fare da riempitivo. Dennis appare a fianco del Mattia adolescente per poi eclissarsi d'improvviso senza infamia e senza lode e - sopratutto - senza aggiungere niente alla trama principale. Dalla sua presentazione e dalle pagine che gli sono dedicate, ci si aspetterebbe che questo personaggio rivertisse un ruolo chiave nella vicenda, cosa che invece non accade: sembra quasi che l'autore l'abbia inserito con l'intenzione di dargli un ruolo di rilievo per poi dimenticarsi quale fosse durante la narrazione.
Quando mi è capitato sottomano questo libro - vincitore del Premio Strega - ho sperato che non fosse ciò che sembrava. Invece si è rivelato essere proprio quel che temevo: un altro dei librucoli di casa nostra. Peccato.

 
 
 
 

Posta un commento 6 commenti:

Anonimo ha detto...

L'ho letto in una giornata, perché l'autore ha uno stile incisivo e scorrevole, però, alla fine la mia impressione è che Mattia ed Alice restino due adolescenti ad oltranza, nel senso che, anche se crescono, si mantengono chiusi in se stessi ed ostili al mondo esterno, come quando comincia la loro storia (intesa come affinità tra due anime simili e non come storia d'amore) e si conoscono sui banchi della scuola superiore. Poi gli anni passano, la loro vita apparentemente va avanti, perché lei va a lavorare nel negozio di un fotografo e lui va a insegnare in un'università straniera, però, dentro di loro è come se non cambiasse nulla.
L'unica cosa che ho trovato poco credibile è che il marito di lei, pur essendo un medico non si accorga o finga di ignorare che lei ha una grave forma di anoressia che si trascina da quando era adolescente... lui desidera un bambino e non si accorge che lei non ha più da anni le mestruazioni... e all'improvviso le fa la predica perché non mangia?!
Per non avere le mestruazioni bisogna andare di molto sottopeso eppure nel libro questo fatto passa praticamente sotto silenzio, così come non sappiamo che fine abbia fatto la sorella ritardata di Mattia che scompare ai giardinetti in uno dei primi capitoli e che lui si pentirà di aver lasciato da sola...

Comunque letto in tempo per riportarlo in biblioteca...

Cristina

6 gennaio 2009 alle ore 22:28

Amélie ha detto...

Hai ragione Cristina, sono d'accordo con te: non è possibile che un medico non si accorga dell'anoressia della propria moglie. Inoltre l'anoressia è solo un pretesto per farla sembrare ancora di più un "caso umano", solo un altro degli innumerevoli binari morti di cui il libro è pieno.

9 gennaio 2009 alle ore 20:19

Anonimo ha detto...

Io mi trovo perfettamente d'accordo con la tua recensione. Il libro non solo non mi è piaciuto, ma l'ho trovato inutile. Buona l'idea dei numeri primi gemelli, che però non trova la giusta strada per svilupparsi e procedere.
V

10 gennaio 2009 alle ore 14:43

Anonimo ha detto...

Che fine ha fatto la sorella di Mattia? E' la presenza costante e imprescindibile dell'intero romanzo, così presente proprio perchè assente. E' la vera protagonista, se per protagonista intendiamo(secomdo la definizione più comune)il personaggio intorno al quale ruota l'intera trama narrativa. L'intera vita di Mattia(la sua storia personale e umana)ruota proprio intorno alla sorella, alla sua scomparsa, al suo abbandono. La vita di Mattia sarebbe stata sicuramente diversa se non si fosse tirato dietro (come una zavorra) la colpa e il senso di colpa per la scomparsa della sorella. Mattia è la scomparsa della sorella.
Chiedete poi come un marito medico non si sia potuto accorgere dell'anoressia della moglie..la vita quotidiana dimostra che ciò è possibilissimo. Sono proprio le persone a noi più vicine a non accorsi dei nostri disagi, dei drammi che ci portiamo dentro. Forse sarebbe più utile chiedersi perchè chi ci ama spesso non vuole vedere il nostro dolore.
Sono critiche pretestuose, per me, le vostre.
Questo romanzo racconta (e a mio avviso lo fa anche bene) le difficoltà delle relazioni, quotidiane o straordinarie, e il dramma di dover gestire situazioni emotive ingombranti e devastanti..di fronte alle quali ciscuno è inevitabilmente solo.
Quella di Alice e Mattia è la storia di due vite segnate che si incontrano e che da quel giorno a scuola cammineranno sempre parallelamente, non si lasceranno mai. Voi dite che non sono mai riusciti a toccarsi davvero..per me non è così. Serena

15 gennaio 2009 alle ore 14:30

Anonimo ha detto...

Riguardo al marito di Alice, se lui fosse stato tanto innamorato di lei da avere paura di perderla se l’avesse costretta a curarsi, sarebbe stato più credibile… non può non accorgersene (perché questo mi sembra davvero assurdo), ma potrebbe aver deciso di restare in silenzio e di non intervenire nel timore che lei decida di lasciarlo o di andarsene di casa…
Questo sì, a volte, capita, si vede, ma si tace, per paura di perdere una persona, a cui si legati…
Cristina

15 gennaio 2009 alle ore 14:37

Amélie ha detto...

Magari è anche vero che un marito distratto - o molto egoista - può anche non accorgersi che la moglie sta male, ma che lo faccia proprio un medico mi sembra assurdo. Comunque, a parte questo dettaglio, rimane il fatto che è un romanzo monco, scritto male e pieno di binari morti che non vanno da nessuna parte: sembra bello solo perché in Italia sia pubblica soprattutto robaccia.

18 gennaio 2009 alle ore 16:53

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